Il rifacimento di balconi e terrazzi

 

1.0 - Recuperare la funzionalità di balconi e terrazzi

 

Balconi, terrazzi e coperture pedonabili sono sottosistemi edilizi particolarmente esposti alle intemperie e alle aggressioni da acqua, vento e umidità e richiedono una particolare attenzione sia in fase di costru­zione ex novo, sia nella manutenzione e nel ripristino dell’edilizia esistente nelle diverse fasi di lavorazione: il ripristino volumetrico, l’impermeabilizzazione e la protezione ter­moacustica, la posa del massetto e quella del rivestimento.

 

I sottosistemi edilizi situati all’esterno sono direttamente a contatto con le intemperie e risentono di alterazioni e fasi di degrado anche accentuate, soprattutto se il carico degli inquinanti atmosferici, i fenomeni di gelo e disgelo e l’azione della pioggia e della neve sono rilevanti.

 

Balconi e terrazzi sono i componenti del fabbricato tra i più colpiti dal deterioramento derivato dall’esposizione esterna, che può essere accentuato in presenza di una scarsa qualità nei materiali utilizzati, da errori progettuali e da una posa dei diversi strati funzionali, quando esistenti, eseguita senza tener conto delle precauzioni suggerite dalle regole dell’arte per queste strutture sovente sottoposte a shock termico.

 

Le strutture portanti di balconi e terrazzi sono classificabili in più tipi:

- a terrazzo;

- a balcone (che ricoprono una zona aperta);

- a terrazzo e a copertura pedonabile (con al di sotto un ambiente chiuso e utilizzato).

 

In ogni caso la posa degli strati funzionali e di supporto della pavimentazione avviene su una soletta di calcestruzzo armato di getto o formata da elementi latero-cementizi composti come un normale solaio e sormontati da un getto aggiuntivo.

 

Il rifacimento del manto esterno di balconi e terrazzi diviene necessario nel momento in cui iniziano a staccarsi gli elementi di pavimentazione, segno che il legame tra le piastrelle di ceramica, di marmo, di pietra o di ricomposto e il fondo di posa ha perso la sua funzione e la struttura portante, insieme a tutti gli strati funzionali di pavimentazione quando sono presenti, è esposta all’azione diretta degli agenti del degrado.

 

Nelle versioni più semplici con solo il rivestimento connesso alla struttura di supporto, la perdita di tenuta all’acqua si manifesta con infiltrazioni fino all’intradosso del balcone o del terrazzo che determinano la presenza di efflorescenze accompagnate dal rischio di arrugginimento dei ferri di armatura e da un rapido danneggiamento del calcestruzzo del sistema portante.

 

Oltre a questi problemi, su una struttura a stratificazione complessa che funge anche da copertura, i danni derivati dal distacco del rivestimento possono estendersi al massetto di ripartizione dei carichi che nel tempo diventa friabile e inconsistente, al manto di tenuta all’acqua che viene deteriorato dai continui ristagni e allo strato di pendenza che perde la funzionalità originale.

 

 

2.0 – Il ripristino volumetrico della struttura portante

 

Gli interventi sui vecchi balconi e terrazzi realizzati in cemento armato sono sempre preceduti da opere di demolizione del vecchio manto di tenuta e finitura, proporzionate alla gravità delle alterazioni che la struttura ha subito nel tempo.

 

La struttura di supporto, i frontalini, le murature circostanti ed eventuali pilastri e colonne che si dipartono dal piano possono aver subito nel tempo distacchi più o meno pronunciati di materiale, con arrugginimento dei ferri di armatura e loro scopertura fino a una significativa riduzione della sezione utile.

 

Le piogge acide, l’anidride carbonica dell’atmosfera, i cicli di gelo e disgelo, l’inzuppamento continuo e la scarsa qualità del calcestruzzo sono gli agenti di questo tipo di degrado che si manifesta a diversi livelli, da un aumento nello sfarinamento delle superfici fino alla fessurazione e al distacco completo del copriferro passando attraverso tutti i gradi intermedi anche contemporaneamente sullo stesso manufatto.

 

 

2.1 - La preparazione del supporto

 

L’efficacia delle opere di ripristino si basa su un’accurata preparazione del fondo di supporto dei materiali impiegati nella riparazione, sulla scelta dei sistemi più idonei in funzione della tipologia del degrado e sulla realizzazione di una coltre protettiva finale che deve interessare sia le parti rifatte che l’intera superficie dell’opera.

 

Qualunque sia la causa che ha determinato distacchi e fessurazioni, gli obiettivi del ripristino volumetrico del calcestruzzo sono:

-        eliminare ogni forma di corrosione dalle armature;

-        asportare tutto il materiale cementizio alterato fino a raggiungere le parti sane del calcestruzzo;

-        riempire le mancanze con un impasto che determini nuovamente un ambiente con gli alti valori di alcalinità necessari per ottenere la passivazione dei ferri;

-        colmare crepe e vacuoli su tutta la superficie;

-        realizzare uno strato esterno, regolarizzante, protettivo e impermeabile all’acqua che nel contempo sia una barriera alla carbonatazione.

 

Solo a questo punto diviene possibile pensare all’estetica del manufatto e applicare uno dei prodotti traspiranti studiati appositamente per rendere idrorepellente la superficie ripristinata.

 

La protezione anticorrosiva dei ferri di armatura va eseguita subito dopo la pulizia per impedire l’innesco di nuovi fenomeni di corrosione.

 

Si tratta della prima fase del ripristino vero e proprio e il trattamento delle parti metalliche viene effettuato applicando a pennello su tutta la superficie una boiacca composta in genere da un preparato commerciale a base di resine sintetiche bicomponenti e cemento che rende passivi i ferri nei confronti della corrosione e costituisce una buona base di ancoraggio e di adesione ai successivi riporti volumetrici.

 

Nel caso che i ferri siano stati deteriorati per oltre il 30-40% del diametro è buona norma integrare l’armatura o sostituire le parti metalliche, in tal caso la boiacca di protezione passivante va spalmata con lo stesso sistema su tutti gli elementi in ferro aggiuntivi.

 

 

2.2 - L’applicazione della malta

 

La malta per il ripristino volumetrico è disponibile in versione premiscelata che sul cantiere richiede solo l’aggiunta dell’acqua di impasto.

 

Il legante impiegato è sempre il cemento con inerti selezionati secondo una precisa curva granulometrica e particolari additivi che migliorano la lavorabilità dell’impasto, consentono un forte aggrappaggio alle superfici rese scabre dalle operazioni di pulizia e conferiscono alla malta indurita buone doti adesive e impermeabili.

 

Quasi sempre la malta è a ritiro controllato e fibro-rinforzata per impedire, durante la fase di indurimento, la formazione di fessure soprattutto nell’interfaccia tra il vecchio calcestruzzo e il nuovo impasto.

 

Le versioni commercializzate sono quelle a presa normale o rapida da utilizzare secondo le esigenze di cantiere e tutti i sistemi prevedono sia malte con caratteristiche tissotropiche che impasti colabili.

 

Le prime sono adatte soprattutto per ripristini in verticale su superfici di forma non eccessivamente complessa, per riporti di non elevato spessore o da eseguire in più passate e dove è sufficiente la cazzuola per intasare tutte le asperità presenti.

 

La malta colabile è adatta soprattutto per ripristini a tutto tondo come avviene alla base di pilastri, quando i ferri sono disposti in uno schema complesso e interamente scoperti o per riporti di forte spessore da eseguire in un’unica fase.

 

La malta colabile è molto fluida proprio per favorirne l’impiego, leggermente espansiva e riempie bene tutti le cavità della superficie pulita quando, in fase di indurimento, contrasta contro la cassaforma che fa da contenimento.

 

 

3.0 - Lo strato di pendenza

 

L’opera di ricostruzione del rivestimento, soprattutto se di grandi dimensioni e articolato, inizia dallo strato di pendenza che risulta indispensabile su tutte le strutture a balcone o a terrazzo quando nell’esecuzione non sono stati previsti piani inclinati verso i punti di scarico delle acque meteoriche.

 

Per garantire il deflusso, il massetto viene costruito con un’inclinazione uniforme pari a 1,5-2% e mai superiore al 3%.

Il piano è suddiviso in aree il più possibile regolari con direzione della pendenza verso i punti di compluvio.

 

Su ciascuna zona la quota inferiore del massetto di pendenza deve raggiungere i punti di scarico, bocchettoni o linee di gronda, in modo da permettere il raccordo tra questi e la guaina impermeabilizzante senza creare ostacoli al deflusso.

 

Il massetto di pendenza può essere confezionato in cantiere con cemento e inerti di adeguata granulometria, oppure viene preparato con malte premiscelate a base di leganti idraulici e di resine sintetiche, che una volta impastate con acqua consentono di realizzare strati consistenti in una sola passata da sovrapporre fino al raggiungimento delle quote di progetto.

 

Altre versioni idonee sono le malte cellulari e le malte a inerti leggeri costituiti da perle di polistirene, da argilla espansa o da altri composti minerali ricchi di vacuoli.

 

Le malte alleggerite premiscelate hanno il vantaggio di ridurre i carichi sulle strutture portanti pur con una notevole resistenza allo schiacciamento.

 

Qualunque sia la malta impiegata, l’impasto deve essere steso secondo le pendenze previste, costipato e lisciato con un regolo metallico e con il frattazzo.

 

I giunti strutturali dell’edificio vanno sempre rispettati proteggendoli con strisce di materiale espanso inserite nella malta lungo le discontinuità.

 

Sul piano finito non devono essere presenti irregolarità di pendenza superiori a 5 mm da verificare mediante un regolo di 2 metri fatto scorrere in tutte le direzioni.

 

Nel punto più basso il massetto di pendenza deve avere almeno uno spessore di 1,5 cm.

 

 

4.0 - Lo strato di impermeabilizzazione

 

Per realizzare il livello impermeabile su balconi, terrazzi o coperture calpestabili viene impiegato uno strato singolo o doppio costituito da una membrana a base di bitume modificato con polimeri.

 

Talvolta lo strato impermeabile è costruito con teli di polietilene sovrapponibili ai bordi e sagomati a rilievi, bolli o risalti longitudinali a coda di rondine, a cui corrisponde nella faccia inferiore una serie di cavità che permettono il drenaggio delle eventuali infiltrazioni.

 

L’applicazione dello strato impermeabile viene eseguita solo quando il massetto di pendenza ha raggiunto un giusto grado di maturazione e il tenore di umidità trattenuta è il più basso possibile.

 

La posa della guaina bituminosa in teli viene effettuata saldando, con l’apposito cannello a gas, gli elementi al supporto.

 

Le diverse giunzioni, laterali e di testa, tra i bordi delle guaine sono saldate a loro volta sormontando le parti a senso d’acqua e nella misura indicata dal produttore.

 

Tutti i giunti saldati vengono schiacciati con l’apposita cazzuola per evitare discontinuità.

 

I teli vengono disposti con la lunghezza nel senso della pendenza e per costruire uno strato doppio occorre sovrapporre gli altri elementi sfalsando i giunti di almeno 50 cm.

 

Al termine del lavoro non si devono riscontrare bolle, rigonfiamenti e parti danneggiate o forate.

 

Le membrane di polietilene a risalti e incavi sono spesso dotate di rete di fibra di vetro nella faccia inferiore e quindi vengono collegate al massetto di pendenza mediante un adesivo a presa idraulica modificato con resine sintetiche.

 

L’adesivo è applicato sul massetto di pendenza con la tecnica usuale che impiega una spatola dentata con cavità di misura adeguata al tipo di membrana che una volta stesa viene premuta con un frattazzo o una larga spatola per assicurare il completo collegamento.

 

Gli strati impermeabili di qualunque natura devono essere risvoltati verso l’alto, per almeno 15 cm dal piano, in corrispondenza di tutti gli elementi strutturali o meno in elevazione come pareti, pilastri o gradini.

 

Anche nelle zone di accesso, al di sotto della soglia o della relativa malta di allettamento e lungo la base delle spalle della portafinestra, l’impermeabilizzazione prosegue fino alla quota massima prevista dal progetto.

 

Lungo il contorno dei balconi con parapetto aperto, lo strato di tenuta deve sormontare i diversi dispositivi di lamiera metallica, come scossaline, bordi di protezione perimetrali o spigoli antisgocciolio collegati alle grondaie eventualmente presenti lungo il contorno del balcone stesso.

 

Nel collegamento con i bocchettoni di scarico o con i tubi di troppo pieno, lo strato impermeabile sormonta sempre la flangia di connessione di lamiera o di materiale plastico che, per i sistemi a doppio strato, trova posto nell’interfaccia tra i due elementi sovrapposti.

 

Talvolta lo strato impermeabile si prolunga fin dentro il bocchettone di scarico e, se è previsto uno strato di tenuta unico, al di sotto della flangia viene sistemato uno spezzone di membrana con dimensioni più ampie dell’elemento di connessione.

 

 

4.1 - Le malte elastiche cementizie per l’impermeabilizzazione

 

Una particolare tipologia di impermeabilizzanti per balconi o terrazzi viene formulata a base cementizia con composti elastomerici che conferiscono alla coltre una maggiore o minore flessibilità per rendere il preparato posto in esercizio capace di deformarsi insieme al manufatto senza distaccarsi.

 

Si tratta in genere di composti adoperati come rasanti applicati con uno spessore di pochi millimetri che sono caratterizzati da una notevole fluidità e lavorabilità e vengono impiegati nel recupero dei balconi e dei terrazzi con diverse modalità tanto nelle nuove costruzioni che nel recupero dei vecchi fabbricati.

 

Nelle strutture a stratificazione complessa formano l’ultimo strato e su questo vengono applicate le piastrelle di rivestimento, utilizzando il medesimo prodotto come adesivo oppure un usuale adesivo cementizio flessibilizzato.

 

Quando il balcone o il terrazzo hanno problemi di impermeabilità alla pioggia per scarsa tenuta del manto e non è necessario demolire il rivestimento per ripristinare la funzionalità del sistema, la malta elastomerica viene applicata sulla superficie esterna semplicemente pulita e diviene la base impermeabile per un nuovo rivestimento.

 

Dopo aver miscelato i due componenti tra loro o avere impastato la polvere monocomponente con l’acqua, occorre sempre attendere alcuni minuti prima dell’applicazione in modo da consentire alle resine di disperdersi nell’impasto.

 

La stesura deve avvenire negli spessori massimi indicati dalle schede tecniche di accompagnamento del prodotto e in genere si ricorre a due strati sovrapposti al supporto già preparato.

 

La prima mano, eseguita per la preparazione del fondo o già nello spessore pari a metà dello strato finale, va sempre applicata in modo da assicurare il massimo aggancio con il supporto.

 

La rete di rinforzo e tutti gli accessori per aumentare la tenuta negli angoli e in corrispondenza dei giunti sono inseriti nel primo strato, mentre il secondo viene applicato in successione dopo aver atteso un periodo di tempo per la parziale essiccazione della prima mano.

 

Con qualunque attrezzo occorre operare senza inglobare bolle d’aria nello strato; in ogni caso le qualità applicative dei prodotti permettono di stendere una coltre omogenea anche su superfici a geometria complessa e irregolare, ben aderente, non appiccicosa dopo l’essiccazione.

Le versioni fibrorinforzate non richiedono reti di armatura intermedia tra gli strati se la superficie di intervento risulta limitata.

 

 

5.0 - Il massetto di sottofondo

 

Il massetto di ripartizione dei carichi per le strutture a balcone, a terrazzo o a copertura è lo strato di supporto della finitura della pavimentazione e rappresenta il livello di ripartizione dei carichi applicati alla superficie con qualunque tipologia di piano di calpestio.

 

La qualità del sistema di pavimentazione, e soprattutto la sua durata, sono determinate in gran parte dalle caratteristiche di questo strato di sostegno e dalla sua corretta applicazione.

 

Il massetto preparato in opera è un calcestruzzo confezionato con inerti assortiti, da 0 a 8 mm di granulometria, miscelati con cemento Portland 32.5 R in ragione di 300-350 kg per m3 di inerte.

 

Nelle situazioni di impiego leggero possono essere previsti granulometrie e dosaggi inferiori, ma in genere non sono consigliabili grandi variazioni considerato che il massetto finito deve presentare qualità portanti.

 

I massetti premiscelati sono disponibili come solo legante additivato, che richiede l’aggiunta di un assortimento di inerti al momento della preparazione, oppure di malta pronta all’uso da impastare soltanto con acqua.

 

La maggior parte delle versioni presenti sul mercato è formulata per ottenere tempi molto brevi di asciugatura, così da risolvere uno dei maggiori problemi legati ai massetti confezionati in opera che riguardano i lunghi tempi di stagionatura necessari a garantire una posa corretta del rivestimento.

 

Con tempi ridotti al minimo di indurimento e asciugatura del massetto è possibile garantire al committente un lavoro rapido di pavimentazione senza che avvengano distacchi, macchiature o danneggiamenti dello strato di finitura, mentre lo sviluppo di alte resistenze avviene in una proporzione molto più elevata di quanto non accada con un normale cemento Portland in fase di idratazione e di presa.

 

Il massetto per la posa rapida è disponibile in due tipologie a diversa destinazione d’uso a seconda delle esigenze del cantiere:

-        una è caratterizzata da una presa e da un indurimento entrambi rapidi,

-        l’altra possiede una presa normale e un asciugamento veloce.

 

Altre varianti riguardano la presenza o meno nel premiscelato degli inerti necessari a confezionare la malta.

 

Lo spessore del massetto varia in genere tra 3 e 5 cm in funzione della destinazione d’uso finale.

 

Su terrazzi o coperture pedonabili con strati coibenti cedevoli il massetto deve possedere uno spessore adeguato ed essere armato al centro mediante una rete elettrosaldata, con maglie di dimensioni adatte all’opera e ai carichi previsti.

 

I bordi aperti del massetto e non confinati dalle strutture in elevazione vanno protetti dalle infiltrazioni d’acqua mediante appositi profilati metallici dotati di ali di ancoraggio e di gocciolatoio.

 

In fase di posa della finitura si può proteggere il bordo libero del massetto con l’applicazione di elementi ceramici conformati ad angolo.

 

La malta del massetto viene miscelata in betoniera, per assicurare la completa omogeneità dell’impasto, dopo aver aggiunto una quantità d’acqua pulita tale da raggiungere una consistenza a terra umida.

 

Su ogni tipologia di manufatto il calcestruzzo viene steso con spessore uniforme, costipato e tirato a staggia, quindi frattazzato o lisciato in base alle esigenze di posa.

 

Lo strato di ripartizione non può essere impiegato per compensare eventuali mancanze di pendenza dei livelli sottostanti o della struttura di supporto.

 

Durante l’esecuzione e per tutto il tempo di indurimento del legante il piano va protetto dall’insolazione diretta o da un’eccessiva evaporazione.

 

Con temperature ambientali molto basse, inferiori a +5° C, e con pericolo di gelo nei giorni successivi alla posa è  meglio non eseguire il lavoro.

 

 

6.0 - La posa del pavimento

 

Per la posa del rivestimento con la tecnica in strato sottile su balconi, terrazzi o coperture pedonabili, vengono utilizzati solo adesivi per esterni di comprovata resistenza al dilavamento e al gelo.

 

Gli adesivi più adatti sono confezionati sotto forma di premiscelato e composti da un legante idraulico modificato con resine sintetiche capaci di realizzare legami di tipo chimico e non esclusivamente meccanico.

 

Al momento dell’impiego, occorre aggiungere solo l’acqua di impasto nella proporzione indicata dal produttore oppure una dispersione acquosa di resine a elevata elasticità.

 

La formulazione degli adesivi aumenta il potere collante dei preparati e migliora la resistenza all’assorbimento d’acqua dello strato legante che all’indurimento è caratterizzato in permanenza da buone doti di elasticità e di deformabilità.

 

Gli adesivi permettono di posare tutti i tipi di ceramica, di pietra e di materiali ricomposti in piastrelle, non risentono di cicli di gelo e disgelo e possono essere utilizzati per esterni anche nelle sovrapposizioni.

 

Talune versioni sono adatte per la posa a spessore per compensare con lo strato legante eventuali irregolarità del supporto, e il mercato propone anche varianti formulate per ottenere tempi rapidi per la finitura dei piani e per la loro messa in servizio.

 

Altre tipologie permettono l’incollaggio dei particolari realizzati con materiali lapidei, come gli elementi decorativi a intarsio oppure i bordi di marmo con gocciolatoio, da inserire all’interno o al contorno della pavimentazione, e si prestano all’incollaggio di marmi macchiabili o sensibili alle efflorescenze.

 

 

6.1 - Le tecniche di posa

 

La tecnica della doppia spalmatura per la posa delle piastrelle di qualsiasi formato assicura un collegamento del 100% tra il retro dei riquadri di rivestimento e la superficie del fondo di applicazione.

 

In alternativa sono impiegati collanti ad alta bagnabilità formulati per rimanere molto fluidi che, per il forte potere di schiacciamento dei solchi, consentono di ottenere il completo collegamento tra l’adesivo e la faccia inferiore della piastrella con facilità, esercitando una pressione normale.

 

Le operazioni di posa e stesura dell’adesivo vanno eseguite su supporto solido, compatto, privo di sfarinamenti o di parti in distacco ed esente da macchie di grasso, olio o altri composti distaccanti.

 

Con i moderni adesivi non è necessario bagnare le piastrelle ceramiche se non durante le stagioni più calde, quando presentano un grado di assorbimento elevato oppure quando sono polverose.

 

L’attrezzo impiegato per la stesura del collante è la spatola dentata che, per i pavimenti esterni con piastrelle di ogni formato, è preferibile abbia denti da 10 mm o di misure speciali.

 

La tecnica a doppia spalmatura prevede la stesura di un primo strato continuo di collante applicato sul massetto con la parte dentata della spatola, fino a realizzare attraverso più passate un piano uniforme ben collegato al fondo e con le caratteristiche rigature in rilievo, mentre la seconda fase riguarda l’applicazione dell’adesivo sul retro delle piastrelle lasciando uno strato di spessore leggermente superiore ai rilievi a coda di rondine o ai piedini troncoconici.

 

Tutte le asperità del retro della piastrella vanno intasate con l’adesivo, che deve colmare completamente i sottosquadri.

 

Con la spalmatura a singola passata mediante collanti ad alta bagnabilità l’operatore provvede a eseguire solo la prima fase di stesura sul massetto dell’adesivo che viene applicato con la parte dentata della spatola in ogni direzione e anche con movimenti semicircolari.

 

La doppia spalmatura e la spalmatura a passata singola con adesivi ad alta bagnabilità realizzano uno strato legante continuo e senza cavità, aumentano la resistenza del pavimento ai carichi, che in tal modo vengono trasmessi direttamente al fondo, e impediscono il passaggio di infiltrazioni d’acqua lungo l’interfaccia fondo/piastrella, situazione che può innescare fenomeni di sollevamento della finitura per effetto di cicli di gelo-disgelo.

 

Con entrambe le tecniche il passaggio successivo prevede che la piastrella venga appoggiata contro il supporto spatolato sostenendola con le mani o utilizzando le apposite maniglie a ventosa quando il formato è rilevante.

 

Ciascun riquadro viene premuto in maniera uniforme con un frattazzo di gomma fino a provocare lo schiacciamento dei solchi e il completo collegamento tra i due strati di collante oppure tra l’adesivo e il retro dell’elemento di ceramica.

 

Le piastrelle sono posate rispettando in lunghezza e in larghezza i giunti strutturali, di ritiro flessione, di frazionamento e di desolidarizzazione.

 

Non è mai consigliabile posare le piastrelle a contatto tra loro e la fuga deve essere sempre di dimensioni tali da permettere il riempimento con il sigillante e garantire l’assorbimento dei movimenti di dilatazione, derivati dalle sollecitazioni termiche e igrometriche del piano finito.

 

La fuga diviene un elemento estetico, oltre che funzionale, della superficie piastrellata e con talune ceramiche tipo il cotto e il klinker riesce a nascondere le scalibrature.

 

L’ampiezza delle fughe dipende dal formato delle piastrelle e può variare da 2-3 mm a 5-10 mm per elementi di 30x30 o superiori.

 

Su alcune tipologie ceramiche, klinker e cotto, le fughe devono essere abbastanza larghe e attestarsi, secondo le dimensioni dei riquadri, tra 6 e 15 mm.

 

Durante il lavoro di posa la planarità del piano piastrellato e l’allineamento delle fughe vanno costantemente controllati, con un regolo metallico e la bolla. In questa fase occorre individuare e correggere eventuali parti rilevate che potrebbero ostacolare il deflusso dell’acqua meteorica lungo le pendenze e verso le zone di scarico.

 

Per rendere uniforme lo spazio tra le piastrelle conviene invece utilizzare gli appositi distanziali di plastica che sono sistemati negli angoli e consentono una posa molto regolare delle piastrelle.

 

I distanziali devono essere di tipo asportabile per evitare difetti nella successiva sigillatura della superficie piastrellata e consentire la libera dilatazione della ceramica.

 

Per togliere residui di collante dalle superfici si adopera una spugna inumidita con acqua, mentre i rifluimenti di adesivo lungo le fughe vanno staccati con prontezza con una spatola di legno per lasciare lo spazio al materiale di sigillatura.

 

 

7.0 - La finitura del rivestimento

 

La sigillatura delle fughe viene effettuata quando il collante è indurito a sufficienza, così da impedire il distacco delle piastrelle.

 

L’operazione si esegue con premiscelati in polvere per preparare malte bianche o colorate nella massa e intonate alla tinta delle piastrelle, che sono resistenti al gelo e al dilavamento, hanno un basso grado di assorbimento d’acqua e risultano semplici da pulire.

 

L’impasto è sovente additivato con i lattici sintetici, che sostituiscono l’acqua e rendono il riempimento più adesivo ed elastico abbassando il grado di porosità del materiale.

 

Il prodotto, una volta impastato con acqua o con il lattice in dispersione, si applica a mano con una spatola di gomma o di plastica, manovrata in diagonale rispetto alle fughe e in direzioni contrapposte, fino a saturare la discontinuità e creare un riempimento con superficie a filo del piano piastrellato.

 

La pulizia finale viene fatta con sigillante parzialmente asciutto e quando la superficie del riempimento da brillante è diventata opaca; per il lavoro si adoperano tamponi di feltro o spugne rigide inumiditi, passati con attenzione per evitare di svuotare la fuga o di danneggiare la superficie della ceramica.

 

Durante la posa del sigillante per le fughe i giunti vengono riparati inserendo nelle discontinuità delle liste di polistirene espanso.

Per procedere alla sigillatura vengono riaperti i giunti per verificare l’assenza di corpi estranei occludenti che limiterebbero i movimenti di dilatazione.

 

Il materiale di sigillatura dei giunti è costituito da silicone a elasticità permanente, disponibile in versione trasparente, bianca o colorata nella stessa tonalità delle fughe.

 

Prima della sigillatura, i giunti vanno sempre riempiti con cordoni di fondo comprimibili realizzati in materiale espanso a cellule chiuse e con diametro appropriato alla discontinuità.

 

I cordoni sono necessari per creare una terza parete di contenimento che permette di regolare la profondità di applicazione e di far aderire il silicone solo sui lembi laterali del giunto impedendone la lacerazione durante i movimenti.

 

La superficie esterna della sigillatura è lisciata a filo con il rivestimento che al momento della posa del silicone viene riparato sui lati in vista del giunto mediante strisce di nastro adesivo.

 

La sigillatura dei giunti viene effettuata anche con profilati in PVC o metallo, inseriti nella discontinuità; per garantire la tenuta alle intemperie dei giunti strutturali viene inglobata al centro del massetto di ripartizione una guarnizione di materiale elastico realizzata con un espanso a cellule chiuse e dotata sui lati di ali ad aderenza migliorata per il collegamento con l’impasto cementizio.

 

 

7.1 - I giunti di dilatazione

 

I giunti strutturali dell’edificio, presenti sul piano da rivestire, devono essere rispettati da tutti gli strati funzionali del pavimento compresa la finitura.

 

Questi giunti, che servono per assorbire gli assestamenti e i movimenti della struttura, vanno mantenuti fino alla sommità del rivestimento come lunghezza e larghezza.

 

Considerate le notevoli escursioni termiche e igrometriche a cui sono sottoposte le pavimentazioni esterne, occorrere anche ricorrere ad altri tipi di giunto che, al momento della finitura del piano piastrellato e come i giunti strutturali o di costruzione, vanno sigillati con silicone che conferisce elasticità e adesività permanenti.

I giunti di ritiro-flessione riguardano sia i massetti che il rivestimento di ceramica, vengono costruiti durante l’operazione di getto del massetto e hanno la funzione di preordinare i ritiri e assorbire gli effetti della eventuale flessione della struttura.

 

I giunti di frazionamento consentono al rivestimento ceramico di dilatarsi liberamente sotto l’effetto dell’aumento della temperatura ambientale, a causa dell’irraggiamento solare diretto o per effetto dell’assorbimento d’acqua da parte del materiale di finitura.

 

Vengono realizzati quando la superficie del piano da piastrellare supera determinate dimensioni e sono praticati ogni 2-3 metri lineari.

 

I giunti di desolidarizzazione hanno il compito di separare il massetto di ripartizione e il rivestimento ceramico dagli elementi fissi della struttura portante.

 

Consentono movimenti differenziali in tutti le direzioni e impediscono che eventuali assestamenti delle strutture confinanti si trasmettano al rivestimento e/o all’allettamento provocando distacchi e lesioni.

 

 

8.0 - I rivestimenti sopraelevati a secco

 

Su balconi e terrazzi è possibile montare il rivestimento anche con sistemi a secco che prevedono l’impiego di piedini in plastica fissi o regolabili in altezza per il livellamento, realizzati in polipropilene e posti direttamente sulla membrana di impermeabilizzazione senza la posa del massetto.

 

Gli elementi di pavimentazione possono essere costituiti da moduli preassemblati di 60x60 cm costruiti in materiale composito con una struttura armata bidirezionale come pannello di sostegno della finitura, scelta tra una delle diverse tipologie ceramiche proposte dal   mercato, come il gres porcellanato, il cotto o il klinker, in pietra oppure in ricomposto cementizio anche con inerti grezzi a vista in funzione antiscivolo.

 

I riquadri sono rivestiti in genere con quattro piastrelle di finitura e vengono accostati tra loro con una leggera fuga aperta in modo che la pioggia passi al di sotto e scorra sull’impermeabilizzazione fino agli scarichi senza ristagnare sul piano di calpestio.

 

Questi moduli sono sostenuti dai piedini in plastica sugli angoli e possono essere sollevati in ogni momento per la manutenzione degli strati funzionali del terrazzo o per accedere agli eventuali impianti elettrici o idraulici che sono montati in condutture a tenuta e posti fuori vista nell’intercapedine sotto pavimento.

 

Altre versioni di rivestimento a secco su piedini impiegano piastrelle di cotto, pietra o ricomposti a forte spessore, non inglobate in un modulo preassemblato e solo accostate e sostenute negli angoli dai supporti regolabili e fissi.

 

Anche in questo caso il sistema non richiede un massetto e i piedini fissi o regolabili appoggiano direttamente sullo strato di impermeabilizzazione.

 

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INDICE

 

Il rifacimento di balconi e terrazzi

 

1.0

Recuperare la funzionalità di balconi e terrazzi

1

2.0

Il ripristino volumetrico della struttura portante

1

2.1

  • La preparazione del supporto

2

2.2

  • L’applicazione della malta

2

3.0

Lo strato di pendenza

3

4.0

Lo strato di impermeabilizzazione

3

4.1

  • Le malte elastiche cementizie per l’impermeabilizzazione

4

5.0

Il massetto di sottofondo

5

6.0

La posa del pavimento

6

6.1

  • Le tecniche di posa

6

7.0

La finitura del rivestimento

7

7.1

  • I giunti di dilatazione

8

8.0

I rivestimenti sopraelevati a secco

8

 

 

 

 

 

9.0  -  Dalla Teoria alla Pratica

 

9.1

Il ripristino volumetrico

10

9.2

La preparazione delle superfici per il ripristino

10

9.3

La finitura delle superfici ripristinate

11

9.4

Il massetto di sottofondo preparazione

12

9.5

L’isolamento termico e acustico

12

9.6

L’impermeabilizzazione con membrana liquida poliuretanica

12

9.7

L’impermeabilizzazione con membrana liquida polimerica

13

9.8

Il ripristino di membrane esistenti

14

9.9

Le precauzioni di posa delle malte elastomeriche

14

9.10

L’impermeabilizzazione dei giunti con membrana elastica bituminosa

15

9.11

Le verifiche sul massetto

15

9.12

Il materiale per la pavimentazione

16

9.13

La stuccatura delle pavimentazioni

16

9.14

La pulizia delle pavimentazioni

17

9.15

L’impermeabilizzazione dei giunti di dilatazione

17

 

 

 

 

  

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